Il tendine d’Achille è il tendine più grande del nostro corpo, una struttura massiva che può tollerare carichi maggiori a dieci volte il peso del corpo. E il tendine è stato il grande protagonista della nuova puntata di Sky Sport Doctor andata in onda su Sky Sport.
Com’è fatto il tendine d’Achille?
È il tendine distale dei muscoli del polpaccio, composto dalla confluenza dei muscoli gemello mediale, laterale e soleo. È diviso in tre parti, una porzione prossimale, alta (a ventaglio), una seconda zona più stretta (la più soggetta a rottura) e una terza rappresentata dall’inserzione sul calcagno (l’osso posteriore del piede).
Come fa a rompersi e quali sport sono più a rischio?
Il tendine d’Achille si rompe più spesso in movimenti di accelerazione da fermo o di ripartenza (Stop & Go). Gli sport più a rischio sono quelli intermittenti, in cui questi movimenti sono più frequenti. Esempi classici sono il Basket, Il Football Americano, il Calcio ma anche il Tennis e in particolare il Padel, sport – come sappiamo – molto praticato negli ultimi anni.
Al momento dell’infortunio il paziente si trova in fase di accelerazione (da fermo o già in movimento), a questo punto il busto (o tronco) è flesso in avanti, l’anca e il ginocchio si estendono, e tutto le forze vengono scaricate sulla caviglia (che è dorsi-flessa al massimo). Questa posizione, unita alla contrazione dei muscoli del polpaccio, comporta forze che superano il limite di rottura del tendine.
Cosa succede quando si rompe?
Tipicamente si sente un rumore forte, come uno schiocco. Spesso il paziente si guarda indietro, convinto che qualcuno lo abbia colpito e contemporaneamente cade a terra. A questo punto il paziente non riuscirà a camminare e si potrà apprezzare un difetto palpando il tendine.
Esistono dei fattori predisponenti alla rottura?
Il fattore predisponente numero uno è la tendinopatia achillea, ovvero un’alterazione cronica del tendine d’achille, che comporta dolore ma che ne cambia anche la struttura, rendendolo meno resistente.
Questa non è presente in tutti casi, se sottoposto a forze sufficienti anche un tendine sano può rompersi, ma lo screening di sintomi precoci può essere importante per identificare un problema iniziale.
Cosa devo fare se penso di essermi rotto il tendine d’Achille?
E’ fondamentale farsi visitare il prima possibile per accertare la diagnosi e procedere con il trattamento, molto spesso chirurgico.
Qual è il trattamento di scelta nello sportivo?
Dopo la rottura del tendine d’Achille, soprattutto in presenza di richieste funzionali sportive, il trattamento di scelta è quello chirurgico. L’intervento di riparazione consiste nell’“unire” i due monconi del tendine rotto. L’intervento tipicamente avviene precocemente, nei primi giorni dopo l’infortunio.
Come si affronta la riabilitazione dopo rottura del tendine d’Achille?
Con enorme pazienza, impegno e costanza. Si tratta di un percorso lungo (di molti mesi) e impegnativo, che non deve essere sottovalutato.
Consiste di un percorso di recupero funzionale con progressione basata su criteri oggettivi di recupero. Un percorso “a semafori” in cui il raggiungimento di determinati obiettivi consente funzioni sempre più complesse.
Ne abbiamo individuate cinque:
- Camminare senza stampelle
- Correre sul tapis roulant
- Cominciare esercizi funzionali (in spazi dedicati che chiamiamo Green Room)
- Cominciare la riabilitazione sul campo
- Ritornare con la squadra
Ci sono alcune priorità e punti più importanti:
- Nella fase iniziale, è fondamentale la massima attenzione alla ferita chirurgica (che deve essere medicata e controllata da personale dedicato) ed è importante non forzare la caviglia in dorsiflessione (ovvero spingendo la punta del piede verso l’alto). Questo per non far allungare troppo il tendine ricostruito, fino al ritorno al cammino senza stampelle.
- Nella fase intermedia il paziente comincerà a lavorare più intensamente sul rinforzo muscolare e sui primi esercizi sportivi di base. Vengono effettuati test funzionali.
- Test di forza, per valutare oggettivamente il recupero della forza del polpaccio.
- Test di analisi del movimento, per valutare compensi e squilibri di carico tra i due arti (spesso presenti).
- Test che valutino lo stato di forma cardiovascolare.
Questa fase è molto delicata, perché il problema fondamentale è evitare la sensazione di “gomma sgonfia” (deficit di accelerazione) che questi pazienti lamentano spesso per riduzione di forza e funzione del polpaccio.
Una volta risolti i deficit, nella fase avanzata il lavoro sul campo sportivo deve essere focalizzato proprio sulle accelerazioni, per rieducarne l’intensità e il volume. Il recupero del gesto sport specifico è l’ultimo tassello.
Quando si può tornare a giocare?
La decisione del ritorno allo sport deve essere presa sulla base di dati oggettivi e non solo del tempo, in particolare questi sono i criteri che adottiamo:
- Consenso del chirurgo
- Assenza di dolore nelle attività di campo
- Completo recupero della forza
- Ottimo controllo dei movimenti senza compensi significativi verso l’arto sano
- Completo recupero dello stato di forma cardiovascolare
- Completa riabilitazione sul campo.
I tempi non sono brevi, ed in media i giocatori di calcio professionisti impiegano nove mesi per ritornare a giocare.