Sabato 9 novembre 2024 è andata in onda la terza puntata di “Sky Sport Doctor”, nel corso della quale il Dott. Fabrizio Tencone ha spiegato come comportarsi quando un calciatore deve fare i conti con un infortunio al menisco. La puntata è disponibile online sul sito di Sky Sport.
Cosa sono esattamente i menischi?
I menischi sono due semi dischi di cartilagine “gommosa”, due per ogni ginocchio, quello interno o mediale e quello esterno o laterale.
Servono ad ammortizzare il peso tra le due ossa del ginocchio, il femore e la tibia e a dare stabilità al ginocchio stesso.
Come si rompono i menischi?
I menischi si rompono principalmente in 2 modi: all’improvviso, a causa di un singolo movimento, spesso di rotazione e piegamento del ginocchio, oppure si rompono progressivamente, si usurano a causa di movimenti ripetitivi o degenerano con il passare degli anni, invecchiando.
La tipologia di lesione viene chiamata frattura meniscale e assomiglia a una sorta di “taglio o crepa” nel menisco.
Tutte le volte che il menisco si rompe deve essere operato?
In generale, si può dire che quando il menisco si rompe all’improvviso, la cosiddetta lesione acuta, allora sì, è quasi sempre necessario l’intervento chirurgico.
Quando invece si tratta di una lesione progressiva, degenerativa, allora si può tentare la scelta conservativa, cioè non chirurgica, in modo che il riposo, i farmaci e un soprattutto un completo programma di riabilitazione possano permettere il ritorno allo sport.
Proprio a dimostrare come questa scelta, operare sì operare no, sia una scelta complessa, ci sono due esempi recenti piuttosto famosi nel mondo sportivo.
Il primo è quello di Pogba. Nell’estate del 2022, all’inizio della stagione, si ruppe il menisco durante una partita e, un po’ a dispetto dei consigli del suo staff medico, decise di “provare ad evitare l’intervento».
Dopo più di un mese sembrava stesse bene, ha ricominciato a correre, ma quando ha iniziato a fare movimenti di rotazione e cambi di direzione, tutti i suoi caratteristici movimenti, ha sentito nuovamente male e a quel punto è stato operato.
Ma il ginocchio ormai presentava uno stato infiammatorio cronico, e Paul ci ha impiegato moltissimi mesi a rientrare.
L’altro esempio è quello di Djokovic, nel tennis.
A inizio giugno 2024 si è lesionato il menisco al Roland Garros, durante una partita che comunque ha concluso e vinto al 5° set, è stato operato dopo 3 giorni e dopo circa un mese ha potuto riprendere la preparazione e gli allenamenti intensi, arrivando in finale a Wimbledon e vincendo la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Parigi dopo circa di 2 mesi dall’intervento al menisco.
La morale è:
se la lesione del menisco è ampia, e lo sport che fai è uno sport che prevede rotazioni e cambi direzione, allora l’intervento chirurgico al menisco è quasi sempre indicato.
Quali sono i tempi di recupero?
I tempi di ritorno allo sport sono molto differenti in base alla scelta non chirurgica, conservativa, oppure al tipo di intervento che viene eseguito.
La «cosiddetta semplice» meniscectomia artroscopica, quella che ha fatto ad esempio Djokovic, ha tempi di recupero sostanzialmente brevi, 1-2 mesi, ma bisogna tener conto che la parte di menisco lesionata viene asportata.
In caso invece di sutura del menisco, di «riparazione» del menisco, il ginocchio deve rimanere inizialmente fermo e protetto per alcune settimane e i tempi di ritorno allo sport sono superiori ai 3-4 mesi.
Nei ragazzi, negli atleti più giovani si consiglia l’intervento di sutura del menisco, perché ripara e quindi conserva il menisco stesso. Il menisco non viene asportato, ma ricucito.
Anche se i tempi di recupero sono più lunghi, a medio e soprattutto a lungo termine i vantaggi sono enormi per la salute del ginocchio.
A 16-18 anni avere la pazienza di ritardare il rientro di 2-3 mesi, per evitare di avere un ginocchio con l’artrosi a 30-40 anni direi che è un ottimo compromesso, e lo dico anche e soprattutto ai genitori che a volte hanno più fretta dei figli nel recupero di un infortunio.
Quanto è importante una buona riabilitazione?
La riabilitazione, come sempre, è fondamentale e sostanzialmente prevede 3 differenti momenti: una fase iniziale, una intermedia e una finale, e questo tipo di approccio vale un po’ per tutti gli infortuni.
Nella fase iniziale il ginocchio deve “riposare”, sgonfiare, tornare a piegarsi correttamente e il dolore deve scomparire.
In questa fase, la riabilitazione prevede comunque una serie di esercizi che «sì, lasciano a riposo il ginocchio», ma coinvolgono le altre parti del corpo, per mantenere una buona forma fisica muscolare della coscia e generale.
La fase intermedia che può durare da 2 a 6 settimane ha come obiettivo la ripresa della corsa e il ritorno sul campo di riabilitazione.
Durante questo periodo si fanno alcuni test che misurano la qualità della riabilitazione stessa, «non si va ad occhio!».
Si misura il recupero della forza con il test isocinetico, la condizione fisica generale misurando l’acido lattico prodotto durante la corsa, e si studia il movimento dell’atleta durante una serie di esercizi sportivi per capire se esiste una predisposizione a farsi male, e soprattutto a rifarsi male.
La fase finale e quella che «collauda» tutto il percorso di cura fatto in precedenza, e anche questa può durare da 2 a 6 settimane.
Prevede sedute sul campo riabilitativo, effettuando salti, scatti, cambi di direzione: insomma tutti quei gesti sportivi caratteristici del proprio sport e termina con l’ok del medico al ritorno regolare allo sport.
Abbiamo capito che l’infortunio al menisco merita molta attenzione.
Merita la giusta attenzione, ci sono infortuni sportivi che hanno programmi di riabilitazione più lunghi e complicati, ma non sottovalutiamo il recupero dopo l’intervento al menisco, e a questo punto non diciamo più “ma tanto è solo un menisco!”